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Profeti di Pace: Carlo Urbani, il medico che curava il mondo

tema: SALUTE
data di pubblicazione: 27-11-2023

Nel 2003 la corsa contro il tempo per fermare il virus della Sars: l’infettivologo vinse e salvò il pianeta, ma perse la vita il 29 marzo. Un libro ne racconta le battaglie e gli ideali.

Sono passati 20 anni da quando il dottor Carlo Urbani isolò il virus della Sars e perse la vita nel fermare la pandemia che aveva già raggiunto 30 Paesi. Morì a Bangkok a 47 anni il 29 marzo 2003 e da allora il mondo intero lo celebra. Ma solo oggi, dopo che anche noi abbiamo toccato con mano cosa significhi una pandemia, capiamo fino in fondo quanto l’umanità sia in debito con il medico marchigiano che salvò il pianeta.

La città dell’Uomo APS Gorizia  lo ha voluto indicare tra i “Profeti di pace” che meritano di essere raccontati come fari di umanità, insieme all’ambasciatore in Congo Luca Attanasio e al giornalista e politico David Sassoli: i tre eventi dedicati ai tre personaggi aprono la strada a una “carrellata” di altri ritratti che continuerà i mesi prossimi.

Abbiamo iniziato con Carlo Urbani, narrato il 17 novembre scorso nel municipio di Gradisca dalla giornalista di “Avvenire” Lucia Bellaspiga, in dialogo con il dottor Antonio Perciaccante Medico all’ospedale di Gorizia. Nel marzo di quest’anno Bellaspiga ha dedicato alla figura dell’infettivologo il libro “Carlo Urbani, il medico che curava il mondo” (Ed. Àncora), in occasione del ventennale della scomparsa. 

Un dialogo quello tra Lucia Bellaspiga ed Antonio Perciaccante a tratti toccante e commovente che ha fatto emergere la figura di un uomo  appassionato, competente, guidato da una fede profonda. Urbani era giunto ai vertici della Sanità mondiale: viveva con la moglie e i tre bambini in Vietnam, dove l’OMS lo aveva inviato a coordinare le politiche sanitarie contro le malattie parassitarie per l’intero Sud-Est asiatico.

All’esordio dello sconosciuto coronavirus (cugino stretto del nostro Covid ma dieci volte più mortale) nell’ospedale di Hanoi, Urbani scese in trincea in assoluta solitudine, isolò il virus, curò i medici e gli infermieri che via via si ammalavano e morivano, organizzò i meccanismi di difesa per tutto il mondo, facendo immediatamente il tracciamento delle persone contagiate.

«Scappiamo in Italia», gli aveva chiesto la moglie Giuliana all’insorgere del contagio, preoccupata come madre di tre bambini. «Se di fronte alla malattia il medico scappa, chi resta?», le rispose Urbani, che fin da giovane studente di Medicina si era «chinato» su ogni persona ammalata con l’atteggiamento del samaritano. «Il medico deve prima di tutto prescrivere se stesso», ripeteva come presidente nazionale di Medici senza Frontiere, spronando i colleghi a non esercitare la professione da dietro una scrivania ma a essere missionari dove «povertà e malattia si generano a vicenda» e l’orrore delle guerre «fanno della dignità umana un sanguinante misero fardello».

Per questo aveva accettato di lasciare le Marche e la vita agiata per lavorare prima in Africa, poi nella Cambogia terrorizzata dai Khmer Rossi, infine in Estremo Oriente. Due le sue forze: l’amore per una famiglia che lo seguiva ovunque e la preghiera. «Se c’è un mutilato – scrisse andando a Oslo a ritirare il Premio Nobel per la Pace per Medici senza Frontiere – gli occhi del chirurgo sono sulle ferite, ma quello sguardo poi va alzato», perché il medico si fa megafono per chi non ha voce contro le profonde ingiustizie che regolano il mondo.

Dieci anni fa, nel decennale della morte di Urbani, Lucia Bellaspiga intervistò Ilaria Capua, virologa di fama mondiale riconosciuta tra i primi 50 ricercatori, la quale pronunciò parole oggi amaramente profetiche: «Non si può abbassare la guardia, nuove pandemie potranno sempre arrivare, e saper reagire con immediatezza significa salvare milioni di vite, come successe con la Sars. Ciò che contraddistingue Urbani è un coraggio che, associato alla competenza, è diventato una miscela dalle conseguenze indimenticabili: in futuro dovremo applicare esattamente ciò che ha fatto lui».

Come sappiamo, il nuovo Covid fu denunciato al mondo con grande ritardo e quando ormai la corsa del virus era inarrestabile.
 
   

Lucia Bellaspiga ed Antonio Perciaccante che hanno condotto il dialogo sulla figura di Carlo Urbani


Uno scorcio della platea che ha partecipato all'incontro